2020
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2023
Ogni petalo un nome, una vicenda. Storie di donne che combattono per la loro emancipazione, in una città, una società sempre più convulsa, fredda, anonima.
Nina è troppo giovane per sapere come fare la mamma; Mariuccia si ribella al suo destino di zitella; l’amore di Daniela le ha truccato la vita. Enrica fa la madre di un figlio che non c’è e la verità che Andrea cerca per strada non è la stessa che pubblica il giornale; Marta ha fatto confusione e ora non sa più cos’è l’amore, Isa ha tanto di nuovo da dire che lo prende dal lontano passato, Brenda ama la vita, un amore non corrisposto, mentre Carlotta è libera...
Camillo Rigamonti“Sdraiata nell’angolo che si è scelta si sente a suo agio. Ha la testa appoggiata come se dormisse, gli occhi aperti, di tanto in tanto o per qualche rumore si alza, si guarda in giro. Il luogo lo ha cercato con cura, lontano da tutti, anche lei è nata così. Il temporale non le fa certo paura, è tutto normale, sente i tuoni, la pioggia battere sui coppi del tetto, scivolare dentro la grondaia, in quell’angolino è riparata anche dal vento. Di quanto ci vorrà non le importa, è abituata ad aspettare, ad avere pazienza”.
Un chiosco, molteplici colorati fiori offerti ad assidui avventori o anche solo personaggi di passaggio. Incontri quotidiani, vecchie, nuove conoscenze. Intorno ad esso si scambiano chiacchiere, confidenze, impensabili rivelazioni. Ma ci si può limitare a sfogliare margherite.
“Osserva il palazzone che ha davanti, l’architettura non lascia dubbi sull’infelice ideologia che l’ha disegnata. Quadrato, immenso come i problemi che nelle sue aule si amministrano, lo scalone, le sconfinate finestre che disegnano la facciata, le colonne dell’entrata, tutto che concorre ad alimentare i suoi incubi notturni. Alza lo sguardo, sotto il cornicione del tetto: caratteri di marmo candido, ben visibili a tutti, inconfutabili. Li scorre, soppesa ogni lettera, minacciano l’uguaglianza tra gli uomini davanti alla legge, come fosse una verità assoluta.”
“Adelio è andato avanti per oltre un’ora senza soste. Philip non ha osato interromperlo, anche Berto deve aver capito che non era più un dialogo, stava provando a trarre conclusioni riguardo alla sua esistenza, confessare i sogni traditi, i timori, le speranze, la consapevolezza che per lui il futuro è finito.”
CASA ARAGOSTA Al tempo dei numeri uguali Leggi un estratto dall’ebook“Stipati nella Centoventisei color celestino, tutte le mattine Lorenzo, Mattia e Paolo vanno in laboratorio insieme. È un rito che si ripete uguale a sé stesso, di quotidiane schermaglie e inevitabili prese in giro. Da qualche tempo, però, il tono di Paolo non sembra più tanto scherzoso, quando parla di rivoluzione. È aggressivo, polemico. I sospetti dei due amici non fanno in tempo a concretizzarsi: Paolo all’improvviso scompare. In un instancabile sovrapporsi di presente, passato e futuro, le vite di Mattia, Lorenzo, Andrea, Ferdinando ma anche quelle di Obi, Vania, Adelio e di tanti altri personaggi seguiranno percorsi tortuosi e sorprendenti, intrecciandosi e allontanandosi all’ombra di quei muri che, anche al buio, manterranno il loro inconfondibile color aragosta.”
Camillo Rigamonti vive a Milano. Dagli inizi degli anni duemila è libero professionista. Dai racconti ai romanzi di formazione, fino ai romanzi corali. Nel 2020 pubblica: Scarpe nuove spaiate - Viaggio nel paese dei giardini abbandonati - Il malessere che riempie stanca gli occhi, che afferra, stringe la gola, il rimpianto, la nostalgia per tutto quello che non c’è più; paesi, cortili, ville, i loro parchi... All’inizio del 2021 esce: Quattro sfigati e una Seicento - In viaggio verso nord - L’età più bella nei favolosi anni della fantasia, della speranza, dell’utopia. Dall’ottobre 2022 è in libreria: Casa aragosta - Al tempo dei numeri uguali - Romanzo corale. L’incosciente volontà di sfidare l’utopia, di insegnare alla tecnologia la bellezza dell’arte, il mistero della fantasia. Dicembre 2023: Margherite - Un lungo viaggio nell’universo al femminile. Ogni petalo è un nome, ogni vicenda si intreccia con tante altre, fino a formare una corolla di destini.
Email: crigamonti1@gmail.com
Sito ufficiale: https://www.camillo-rigamonti.it/
Facebook: https://www.facebook.com/camillo.rigamonti.98
Robin Editore: http://www.robinedizioni.it/
“Mi viene in mente una sala riunioni, la gente è pigiata, alla lavagna c’è un tizio, l’aspetto è quello di un hippy in trasferta, nella realtà è un guru di Harvard.”
“Il buio se ne sta andando, il cortile è in penombra, la Seicento ferma davanti al porticato, l’abbiamo caricata ieri sera. Abbiamo legato tutto per bene, le valigie, la tenda, la cassetta con gli arnesi per far da mangiare.”
“Resta immobile, mostra alla platea la schiena robusta, ammira la sua opera. Forse è soddisfatto perché si gira, appoggia le mani bianche di gesso sul tavolo, trapassa con lo sguardo i volti che lo stanno fissando, sembra intenzionato ad argomentare. Invece apre le braccia: a vederlo parrebbe un profeta della Bibbia nell’atto di enunciare una profezia, gli manca solo il bastone uncinato, e con voce possente rivela: – The information, any kind of information will be produced everywhere and for anyone.”
“Abbiamo rischiato di dover tornare prima.
– Avevo portato anche il fon – si lamenta Pieron.
– Torniamo a casa – dice cupo Roberto sedendosi sulla panchina.
– Il maglione blu, quasi nuovo, i blue jeans bianchi estivi, fighi.
– Ragazzi. – Ci voltiamo e vediamo Arturo venir giù dalla via, corre.
– Guardate cosa ho trovato in strada vicino al parapetto della Senna.
– Cinque franchi? Hai trovato cinque franchi, ma ti hanno fregato la valigia.
Lui non sembra prenderla male.
– Avevo dentro poca roba, calzini, mutande, fa niente, e voi?”
La voglia di cambiare e il carattere votato alla protesta hanno da sempre caratterizzato la personalità di Marco. Lo rivelano le istantanee del quotidiano che si susseguono raccontando la sua vita: ha dovuto frequentare una scuola che non gli piace, un ambiente di lavoro che lo umilia, sottostare alla certezza di un domani senza prospettive, abbandonare i sogni, gli amori giovanili. Anche la musica non gli basta più. Inatteso, un incontro, Luigi, il primo dei tanti maestri che da quel momento segneranno il suo divenire. Il ritorno allo studio, i nuovi amici, l’impegno degli anni della ribellione, il viaggio verso quel nord tanto sognato ascoltando gli amati vinili. Ancora una volta sarà un nuovo incontro, una nuova scoperta a cambiargli la vita. Il calcolatore, il suo potere, la sua immensa memoria lo fa sentire libero,in grado di fare tutto, inventare tutto.
È con sguardo disincantato e ironico che l’autore del nuovo romanzo, Quattro sfigati e una seicento, in viaggio verso il nord, dipinge sprazzi del divenire della vita di Marco. Un giovane alle prese con la ferrea volontà di costruirsi un futuro che non sia quello a cui è stato destinato dal contesto di paese in cui è nato ed è immerso.
Attraverso una narrazione chiara, schietta, il romanzo fotografa la realtà che, a partire dagli anni Sessanta, fa da sfondo alle vicende del protagonista; l’esclusione dalla scuola media da lui vissuta come un’ingiustizia, e che quel mondo invece accetta; la scuola professionale non amata, che ai suoi occhi apre solo un futuro da operaio; l’inevitabile interruzione e abbandono degli studi; il conseguente lavoro come garzone di bottega che lui trova umiliante rispetto alla fortuna di alcuni suoi coetanei che invece frequentano le aule del liceo. Non è quello che sogna leggendo le pagine dei suoi adorati libri, quello che trova tra le righe dei romanzi che divora; non è quello che desidera mentre ascolta l’adorata musica d’oltre manica, quello che riesce a vedere negli occhi degli altri: l’amore per la vita.
Il suo è un ambiente che accetta quel destino come fosse ineludibile, e lui si sente impotente, non riesce a lenire la rabbia che lo pone ai margini di un contesto sociale odiato e invidiato. Si trova ad affrontare così un periodo difficile, in bilico tra accettare un mondo che non gli piace e guardarne un altro che sembra essergli proibito; un tempo balordo, come certi amici che inizia a frequentare. Poi la svolta: un nuovo lavoro, l’intesa con il nuovo capo, il primo di tanti maestri; la ripresa degli studi, l’incontro con la città, i nuovi amici, le nuove idee, il vento della ribellione.
Questo è il suo nuovo mondo. L’indole di Marco e il suo carattere ribelle lo portano a cavalcare, e non a esserne mero spettatore, gli avvenimenti di quegli anni. Non di meno, anche in questo contesto non riesce a condividere un credo, una fede. Tra i tanti non trova il gruppo di cui far parte. Partecipa, condivide ma non si fa conquistare, resta sul confine, ai margini. Prova a coinvolgere gli amici del paese, quelli che a differenza di lui accettano il proprio essere senza tanti problemi.
Con loro organizza un viaggio con il segreto intento di trascinarli a Londra. Sullo sfondo c’è la musica, l’unico vero credo, le ore perse ad ascoltare gli amati vinili la possibilità di seguire il concerto della vita sull’isola. Alla fine della maturità si trova ancora una volta solo, sfasato, sempre sul confine. Un altro maestro prima di lasciarlo lo sprona, con caparbietà ritorna a studiare, ancora una volta un incontro fortuito, un nuovo lavoro. Se l’azione è rivolta alla nuova attività che lo affascina lo sguardo non perde di vista gli avvenimenti socio-politici: oramai ha conquistato una sua identità non rappresentata.
Sono gli anni Settanta, il sogno cullato nei dieci anni precedenti è stato soffocato, ucciso con le stragi. È in questo secondo tempo che ha l’ennesimo incontro che gli cambierà la vita: la memoria del calcolatore. Ai suoi occhi appare come un mondo infinito, un mondo in cui i sogni è possibile farli rivivere ancora.
MilanoBIZ
di Federica Signorini
“Scarpe nuove spaiate”, romanzo d'esordio di Camillo Rigamonti, prova a raccontare una storia attraverso gli occhi di un bambino, senza cadere nella celebrazione del passato nè fermandosi a semplici memories, restituendo uno spaccato sulla Besana degli anni Cinquanta. Cresciuto in un cortile di Cazzano, l'autore attinge dall'immaginario del dopoguerra brianzolo per far vivere i suoi personaggi, sì fittizi «ma ovviamente ispirati dal vissuto della mia infanzia».
La realtà del paese «attraversava il passaggio epocale dalla vita contadina a quella operaia, con tantissimi pendolari che si muo vevano con il “Besanino”. Si abbozzava anche un graduale cambiamento nel modo di parlare, con l'avvicinamento all'italiano a partire dal dialetto. Nell'esperienza di un bambino, tutto ciò sì intrecciava con il transito dalla vita in famiglia al confronto con l'ambiente scolastico». Elemento, questo, che giustifica il titolo del libro perché “Con l'inizio della scuola. ognuno di noi ha cominciato a tracciare la sua strada, sono tutti percorsi spaiati”, si legge in un passaggio del romanzo. La strada imboccata dall'autore, e dal suv protagonista Marco, lo ha portato verso la città. «La dicotomia tra città e il paese, tra Milano e la Brianza, emerge inevitabilmente - dice Rigamonti -. Ho lasciato Besana prima con la testa che con un trasloco. Il mio personaggio appartiene a entrambi i mondi, ma forse non sta bene in nessuno dei due», E allora, in un viaggio immaginario e nostalgico alle radici della propria identità, Marco ormai adulto si immagina di viaggiare a bordo del Besanino per lasciare il cemento urbano e addentrarsi via via nel verde dei campi. Fermata Besana, per ritrovare nei luoghi natii non più borghi vivaci e ricche ville curate, ma cortili e piazze vuote, e «una schiera di giardini abbandonati. L'irrequieto ritorno alle radici, secondo lo schema dei romanzi di formazione, è anche l'acquisizione di una consapevolezza, ossia che «tutte le persone passate dall'infanzia del protagonista hanno segnato, nel bene e nel male, il resto della sua vita. E che i valori della Brianza, il sacrificio e l'onestà, restano ancora oggi. Nonostante tutti i cambiamenti».
Dopo “Scarpe nuove spaiate”, Rigamonti ha già in cantiere un secondo romanzo che sarà in libreria a inizio 2021. «Qui racconterò la fase del passaggio dal paese alla città, ma anche dei primi sviluppi della tecnologia». In progetto c'è anche una terza opera. «Amo la scrittura, cui mi sono avvicinato stendendo racconti e memorie solo qualche anno fa. Ritengo però di averla sempre esercitata dato che programmare sul computer, lavoro che ha occupato tanta parte della mia professione, é una forma di scrittura».
Sabato 1° agosto 2020 - Il Cittadino di Monza e Brianza
La grande città, o piccola metropoli che sia, occupa il principio della pianura nella quale si estende, invadendola a macchia con forme irregolari, ghermendone gli spazi dappertutto, mentre vi si adagia senza pudore. Attenua queste sue conquiste solo quando la superficie si dilata a dismisura per confondersi con realtà che le impongono confini solo apparenti, sovente invisibili, mai evidenti. L’insieme che il campo visivo coglie è un orizzonte ampio e tondo, dipinto, a sud, da una riga bassa, piatta e uniforme, mentre a nord emerge una corona di triangoli frastagliati che si elevano difformi e irregolari. Nella bella stagione, queste massicce figure paiono di un caldo grigio-blu-scuro per divenire variamente spruzzate come da farina nei mesi di mezzo e poi tutte imbiancate in quelli più freddi.
SCARPE NUOVE SPAIATE Viaggio nel paese dei giardini abbandonati Leggi un estratto dall’ebookNon aveva fretta, in quel luogo sapeva che non si poteva avere fretta, si aggirava senza una meta definita, aveva la sensazione di camminare a fianco, sopra il tempo, voleva mettere ordine al tramestio di sensazioni che sentiva addosso. Si ribadì che lì, al cimitero, in realtà, non c’era più nessuno: i morti di sé avevano lasciato solo delle foto, dei nomi, delle date, delle targhe, e poco altro: un corpo in putrefazione, qualche osso, grigia cenere. In quel momento, in quei vialetti, tra quelle tombe, c’era solo lui e qualche altro visitatore come Paola. Quel primo pomeriggio dell’estate 1963 io mi trovavo in fondo al bosco, nella Sala Verde di Villa Bossi-Mantovani. Ero seduto su quel muro e aspettavo Angela. Non so come, non so perché ma arrivò davvero, come aveva fatto a sapere che ero lì? Apparve all’improvviso dal punto in cui io tenevo fisso gli occhi da più di mezz’ora, il sentiero che dal suo cortile portava a Besana. Era in bicicletta, forse aveva detto alla nonna che andava a farsi un giro.
Camillo Rigamonti ha lavorato per anni nel settore della tecnologia, in particolare si è occupato delle interconnessioni tra reti. Forse è per questo che nel suo romanzo di esordio, Scarpe nuove spaiate, viaggio nel paese dei giardini abbandonati, dimostra una profonda conoscenza di come ogni persona sia inevitabilmente collegata a tutti quelli che la circondano e da loro influenzata.
Seguendo il modello del romanzo di formazione, Rigamonti dipinge con tratti limpidi e significativi l’infanzia di Marco, vissuta a Besana nei primi anni Cinquanta. Se è vero che per crescere un bambino è necessario un villaggio, Marco riceve un’educazione esemplare, l’intero borgo infatti ha in qualche modo lasciato il segno.
In questa abile narrazione la realtà del paese, così come è stata nel periodo del dopoguerra, emerge chiara e cruda: dalle differenze sociali tra la classe contadina che diventa operaia e i ricchi signori delle ville, dall’uso del dialetto al passaggio all’italiano, dalla realtà della vita in famiglia al confronto con l’ambiente scolastico.
Se il passato di Marco è ancorato ad atmosfere arcaiche, la sua realtà attuale è quella della città. In un percorso a ritroso, il protagonista torna sui passi che lo hanno allontanato dai luoghi natii, esplorando i propri ricordi fino all’evento tragico che ha consacrato la sua anima irrequieta alla vita urbana.
Protagonisti della narrazione tanto quanto i personaggi sono i paesaggi delle ville besanesi, particolarmente familiari a un lettore lombardo. Intorno a Marco, infatti, il panorama che un tempo comprendeva borghi vivaci e ricche ville curate, ora mostra una schiera di giardini abbandonati.
Tra vedute manzoniane e personaggi veraci, Scarpe nuove spaiate invita il lettore a riscoprire il lo scenario del Bel Paese con gli occhi di un bambino degli anni Cinquanta divenuto un adulto di città. Edito da Robin Edizioni per i tipi Robin&sons questo romanzo vi terrà compagnia durante le calde giornate estive e vi condurrà in luoghi una volta esistiti ma letterariamente ancora esistenti.
Erika Grasso
Verso est il sole ancora si nasconde dietro le montagne che corrono lungo tutta la valle.
Le cime si stagliano scure, affondano il tormentato profilo nell’immenso azzurro, come fosse il mare. Dove i bordi s’incontrano, la luce rifulge in un’aureola,
che va rischiarando sempre più. Sopra le cime, rare nuvole, stiracchiandosi, si allungano parallele alle creste, hanno bordi imbiancati in soffusa trasparenza
che esaltano il grigio rivolto verso il basso, là dove ancora non arrivano i raggi del sole.
Abbozzano così brune forme che mutano ad ogni istante, quando i raggi di luce le trafiggono. A ovest le cime sono ancora in ombra,
la luce non tarderà a colpire le creste, poi, lentamente, inizierà la corsa a scendere, sempre più giù, fino a invadere l’altopiano
per andare a scaldare il piccolo villaggio che si adagia, e ancora, senza mai arrestare nemmeno un istante il suo cammino, il sole arriverà sul ciglio del pianoro,
dove all’improvviso degrada nel vuoto, giù in basso, fino al fondo della valle, dove scorre il turbinoso grande fiume.
Erica, con in mano l’amata tazza di caffè colma fino all’orlo, si è affacciata alla porta di casa.
vedi il testo integrale
Lo assaliva spesso il dubbio che, il paese che vedeva quando scrutava da lontano, non fosse mai realmente esistito.
(Tratto da Scarpe nuove spaiate)
Il vero viaggio non consiste nel trovare nuovi territori, ma quello di possedere altri occhi.
(Tratto da Quattro sfigati e una Seicento)
Il passato è il nulla in cui le cose ritornano.
(Tratto da Casa aragosta)
Futuro è il nulla da cui le cose provengono.
(Tratto da Casa aragosta)
Il suo viso, il suo sorriso, il primo che ho visto.
A dispetto del tanto, troppo nero di fronte, intorno a tutti noi, nonostante che..., sono sicuro che è, sarà sempre possibile...
(Tratto da Casa aragosta)
La sera della strage, in quella piazza, ho visto tutto da lontano, non ho voluto avvicinarmi. Le transenne, le luci blu della polizia, i volti della gente attonita, smarrita, ho sentito le domande, le opinioni, le certezze, ho patito il gelo, ho fatto mattino. Poi erano arrivate le certezze, le verità, le accuse.
(Tratto da Casa aragosta)
In realtà il tempo è solo una questione di come lo si vuol misurare.
Allungo lo sguardo per un istante e per un attimo la prospettiva mi regala l’immagine di un altro viale. Fondo sterrato, grigio, polveroso, la fila di cipressi alti, snelli, soldati sull’attenti che pungono il cielo con la baionetta. Si stacca dalla stradina adagiata sulle rotondità della collina che corre verso il mare in lontananza. Quando incontra l’incavo, dove si nasconde un rigagnolo, piega e prende a salire di sbieco nella macchia boschiva, folta, oscura, che avvolge l’intera sagoma del colle.
(Tratto da Casa aragosta)
Cerco un rumore, un’immagine, mi aspetto un segno, uno qualunque, qualcosa che mi faccia capire se davvero sono solo. Il segno arriva, lasciato sulla terra grigia del marciapiede, viscido, scuro, si appiccica alla soletta della scarpa, non quello che mi aspettavo, non quello che avrei desiderato. Porta fortuna, dicevano un tempo.
(Tratto da Casa aragosta)
Di galli ne ho una decina - dice Francesca e si mette a fare il conto elencando i destinatari cui pensa di offrire i capponi: due li teniamo per noi, in famiglia, uno per Natale e l’altro per Capodanno. - E per la Befana ? - chiede Vittorio - Non so, ma possiamo anche ammazzare un’oca o un’anatra o un coniglio, per cambiare – propone lei - anche se il cappone a Natale fa sempre più festa.
(Tratto da Scarpe nuove spaiate)
La nitida giornata di autunno gli sta regalando quel miracolo e lui ne approfitta. La grande facciata ritrae nei suoi occhi uno spazio che lui afferra come statico, immagine impressa su pellicola, in cui il tempo viene abolito. Confina in un orizzonte di montagne protese contro un cielo che, soltanto in rare occasioni, capita di vedere con quella trasparenza, con quei colori forti e indefinibili, e lui ripesca, rovistando nel suo profondo, altre simili immagini, altri colori.
(Tratto da Scarpe nuove spaiate)
I particolari mi interessano eccome, quello che non mi piace sono le consuete opinioni, le interpretazioni assurde, le chiacchiere dei mercanti d’arte, capaci di far diventare arte qualsiasi cosa al solo scopo di monetizzare...
(Tratto da Casa aragosta)
Anche oggi il cielo ha profuso un azzurro denso, anomalo per la stagione, inconsueto per la città. Basso all’orizzonte, ha provato a intiepidire l’aria poi, stanco e preso dall’urgenza di migrare, ha infiammato il tramonto lasciando solo buio e tramontana
(Tratto da Casa aragosta)
Avevo scelto un altro tipo di libertà, un lavoro con la natura, la fatica e la gioia di usare le mani. La testa ho pensato di riservarla per cose più importanti.
(Tratto da Casa aragosta)
Sempre più gli uomini pensano solo a sé stessi. Per questo, sempre di più acclamano, adorano, mettono sugli altari, votano, danno potere a qualsiasi ciarlatano che vende banalità in televisione, sui giornali.
(Tratto da Casa aragosta)
I peccati non si possono assolvere, l’uomo si illude, ha interesse a farlo. La natura non lo permette, la natura non è come Dio che si è impegnato a salvare il mondo.
(Tratto da Casa aragosta)
Giuseppe passando davanti all’enorme statua bisbiglia - a guardarla così rappresentata, la giustizia è davvero orribile. - Nessuno ride, occhiate si levano sulla signora di marmo seduta, il dito puntato al cielo. - Non per tutti - lo ammonisce l’avvocato.
Lei non mi ha detto nulla sull’inglese, lo parla, lo legge, lo scrive? I nostri documenti sono in inglese, i contatti con le consociate sono in inglese, quasi tutti i tecnici sono di provenienza anglosassone... Basta! Non lo sento più, sono fregato.
Lo assale il dubbio che quel paesino in collina, a metà strada tra la grande città e le montagne, quello che vede quando scruta dentro i suoi ricordi, non sia realmente mai esistito, sospetta che sia solo lui che lo fa essere così come lo racconta.
Il direttore della scuola non sembra avere lo stesso proposito di Cristo nel Vangelo, lui non si inginocchia davanti ai suoi allievi, li guarda dall’alto, non sono suoi discepoli, passa il sapone al bidello, tocca a lui inginocchiarsi, lui è magro, non fa fatica.
Otto marzo, l’augurio che non sia un giorno unico, meteora nella vita di tante donne (Il suo viso, il suo sorriso, il primo che ho visto, il primo che ho amato).
Per tutta la vita hai rincorso quelli di cui non ho nemmeno la voglia di pronunciare la sigla, quelli che ancora adesso tutti gli anni, vanno al mare a raccontarsi storie di soldi e di potere. Quello che mi ha sempre dato fastidio è che lo fanno con la pretesa di far credere di avere l’approvazione di Dio.
Informazione, causa, effetto dell’intero assetto sociopolitico del mondo. Ognuno dovrebbe avere il diritto di non subire, il dovere di scegliere, valutare, giudicare. L’uomo non può lasciare licenza di oggettività a nessuno, le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi.
Una delle prossime attività che mi ripropongo di insegnare a Bertoldo è la questione dell’arte, lui ha capacità infinita di immagazzinare immagini su cui fare analisi, dobbiamo addestrarlo a capire, cercare, distinguere il bello, non sarà facile.
(Tratto da Casa aragosta)
È un tempo in cui non ci sono più inverni rigidi, solo piogge, a volte torrenziali capaci di far danni. Il clima è cambiato, anche oggi, cielo terso, troppo azzurro, sembra irreale, minaccioso. Non ti ho mai raccontato che nei miei incubi notturni vagheggio che la fine del mondo inizi proprio così? Un cielo sempre più limpido, cristallino, un sole sempre più rovente, le nuvole che non si formano più.
Guidati da un’auto nera che precede quel codazzo, vanno a parcheggiare all’entrata del cortile. Sono strani personaggi: alcuni con abiti della festa, altri in uniforme, due addirittura hanno alti pennacchi. C’è chi innalza gonfaloni, bandiere, c’è un signore in divisa nera che tiene in mano una tromba gialla. In mezzo a tutti spicca un personaggio vestito in maniera elegante. Ha una larga striscia tricolore che lo fascia, forse per contenere o mascherare la sua precoce trippa.
(Tratto da Casa aragosta)
Tu sei fortunata, è solo perché vorrei essere al tuo posto. Sono anni che tutti i giorni aiuto tante mamme a far nascere figli, da una vita vorrei anch’io diventare mamma, prima però dovrei trovarmi un compagno - dondola sconsolata la testa. Tu che puoi afferra questi momenti, tienili stretti, sono i più belli nella vita di una donna, tra poco sarai mamma.
Stai attento Valerio, la montagna è bella ma è sempre pericolosa, devi usare prudenza, frenare il tuo entusiasmo. Lui si volta, distogliendo lo sguardo dall’orizzonte. Il volto, improvvisamente serio, solcato da piccole rughe intorno agli occhi come se stesse pensando cosa rispondere. È vero, la montagna è pericolosa e le Grigne lo sono anche di più, ma sai zia, una volta che ti sei innamorato della montagna, non ne puoi fare più a meno, anche se sai che ti può costare la vita.
Noi le tende le piantavamo in riva al mare. Mitico infinito spazio dove si idealizzavano speranze, sogni. I nostri figli, nipoti le piazzano davanti all’università, provano a rivendicare la possibilità di frequentare.
Mia madre, ogni tanto, allunga la mano, mi sfiora la testa. Sei proprio diventato grande.
Guardiamo, ascoltiamo, piangiamo, ma continuiamo a pensare che sia solo allarmismo dei soliti ambientalisti. Chissà quando si comincerà davvero a prendere sul serio quello che la scienza da anni proclama al mondo senza peraltro riuscire a farsi ascoltare.
In cima mi fermo a riposare sui gradini che conducono alla porticina di ferro della torre. Da lassù lo spazio si dilata all’infinito tutt’intorno, con i suoi colori, le sue forme, e si intravedere in lontananza casa color aragosta, nascosta tra gli alberi nella macchia della collina.
È triste e mi vergogno di vivere in un paese, una città, in cui, qualcuno che porta una divisa si sente autorizzato ad interpretare la sua supposta autorità con gratuita violenza.
Ci prendiamo un caffè prima della giornata di fatica? - Volentieri, c’è un bar proprio fuori della fermata, fanno brioches buonissime. - E la dieta? - Al diavolo la dieta, cara mia, quelle come noi che lavorano tutto il giorno hanno bisogno di una carezza, bisogna imparare a farcele da sole le carezze.
Eppure, sono come noi. Eppure, vorrebbero solo vivere quasi come è concesso di vivere a noi. Eppure, sarebbero disposti ad avere molto meno di quello che abbiamo noi. Eppure... Per questo sanno morire, senza che noi...
Non sono sicuro, facciamo almeno banali ipotesi; potrebbe trattarsi solo di uno stratagemma per condividere l’ombra, per bagnarsi insieme i piedi. Preferisco pensare ad un’amicizia che l’immagine ci suggerisce sicuramente d’alto livello.
Sassi, pietre, un tempo, pregni di sudore, odori, umori di uomini, bestie. Spazio vitale dove riuscire a campare; casa, ricovero, grotta per uomini, bestie. Sassi, pietre che il tempo ha mutato solo per coloro che possiedono altri, diversi, nuovi occhi.
Eppure, hanno l’arroganza di dire di doverlo fare per amore, per il bene della montagna e di coloro che la vivono.
Tutto il mondo si vede su una sedia a sdraio di fronte ad un mare indefinito, in un paese imprecisato, alla ricerca disperata di come perdere tempo, il più in fretta possibile.
Misurare il tempo che passa per me è come salire una scala. Ogni gradino un mondo sempre nuovo, un orizzonte ogni volta diverso. Ogni gradino molti, inattesi incontri tanti nuovi graditi amici.
Eppure, c’è chi, più di due secoli fa, aveva già capito l’inutilità delle pene. Oggi noi ci accaniamo a punire i giovani, non chi in tanti modi nega loro un futuro dignitoso o chi con l’esempio insegna loro come commettere reati.
Sulla porta della sacrestia appare Don Giuseppe, piccolo, magro, lo sguardo fosco, arrabbiato, lo abbiamo disturbato mentre si sta preparando per il rito mariano.
Semivestito dei paramenti, ci guarda torvo, impreca, non usa tuttavia termini volgari, solo quelli ammessi dal suo magistero, (furfanti, farabutti, disgraziati).
Ci blocchiamo, abbassiamo lo sguardo contriti, nascondiamo a fatica il riso imminente. Lui si è sfogato, ha minacciato, si ritira, non può rischiare un ritardo,
le donne dai neri veli da tempo occupano le panche, già pregano in silenzio.
Noi riprendiamo a giocare.
vedi il testo integrale
Morgan
Paese
Il brutto male
La chiesa
Doppiezze
Gli zii di Monza
Il mostro
Tentativo di fuga
Torta di pane
Veri eroi
Futuro
Conquistare
Alba e musica
Un po' di decoro
L'albero fiorito
Patologia incurabile
Spiaggia in città
Tramonto
Magnalonga